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    Pensi di essere un vero esperto di internet? Allora saprai cos’è la netiquette o perché il server Apache si chiama così. Ecco 7 curiosità che riguardano il web che tutti dovrebbero sapere.


    1 – Cos’è il W3C?

    Il W3C o World Wide Web Consortium, è una ONG (organizzazione non governativa) nata nel 1994 presso il MIT (Massachusetts Institute of Technology) grazie alla volontà del papà del web, Tim Berners-Lee.

    Cosa vuol dire “sito validato W3C”?

    Un sito validato W3C è un sito web che rispetta gli standard tecnici e le linee guida (inerenti sia i linguaggi di markup che i protocolli di comunicazione) proposti dal World Wide Web Consortium.


    2 – La netiquette: il galateo della Rete

    Il termine Netiquette è un neologismo che deriva dalla fusione della parola inglese network (rete) e da quella francese étiquette (buona educazione).

    Questo nuovo vocabolo sta ad indicare una serie di regole di buona condotta che disciplinano il comportamento di un utente su internet.

    Una specie di galateo a cui, chi opera in rete, dovrebbe attenersi  nel rapportarsi agli altri utenti.

    Il rispetto della netiquette non è imposto per legge, ma attenersi a queste regole condivise di buona educazione e buon senso è molto importante quando si interagisce all’interno della rete utilizzando risorse come blog, forum, e-mail, newsgroup, social network.

    Il mancato rispetto della netiquette può infatti portare all’isolamento dell’utente considerato maleducato o irrispettoso.

    Le regole condivise dalla netiquette sono state fissate in forma definitiva nel 1995 all’interno di un documento che contiene appunto tutti i “consigli” ufficialmente e universalmente riconosciuti dai cybercitizen (ossia persone che partecipa attivamente alla via di Internet – anche detti netizen) per un uso corretto della rete.


    3 – Le 95 tesi del Cluetrain Manifesto

    Il Cluetrain Manifesto è un testo pubblicato nel 1999 da un gruppo di esperti della rete allo scopo di spostare l’attenzione delle imprese sulla nascita di un nuovo mercato interconnesso.

    L’obiettivo è quello di attivare una vera e propria rivoluzione del linguaggio con cui le aziende comunicano.

    Il manifesto si articola in 95 tesi dalla prima famosissima “I mercati sono conversazioni”, alla seconda “I mercati sono fatti di esseri umani, non di settori demografici”.

    Passando attraverso la ventiduesima “Avere senso dell’umorismo non significa mettere le barzellette sul sito web aziendale.

    Significa avere valori alti, senso dell’umiltà, un tono diretto e un onesto punto di vista”.

    Fino alla novantacinquesima “Ci stiamo svegliando e ci stiamo linkando. Stiamo a guardare ma non ad aspettare.”

    É disponibile anche una versione in italiano del Cluetrain Manifesto


    4 – Perché il server web APACHE si chiama così?

    Server Apache
    APACHE è un web server cioè un programma che si occupa di fornire, su richiesta del browser, una pagina web, spesso scritta in HTML (Hyper Text Markup Language). Le informazioni inviate dal web server viaggiano attraverso la rete trasportate dal protocollo http (Hyper Text Transfer Protocol). L’insieme di tutti i web server presenti su internet va a formare il World Wide Web (WWW)

    Detto questo, veniamo al punto.

    Esistono due differenti spiegazioni sull’origine del nome assegnato  al web server Apache:

    • la prima teoria sostiene che il nome Apache sia stato scelto in onore della tribù di indiani nativi americani. Spiegazione abbastanza sensata se si pensa al logo identificativo del web server
    • una seconda teoria sostiene che Apache sia una contrattura di “a patchy web server” ossia un server derivato da rattoppi fatti con pezzi di codice preesistente e patch files.

    5 – Arriva la twitterature!

    Due studenti di Chicago, Alexander Aciman e Emmett Rensin, hanno mostrato come la generazione di Twitter e degli sms sa utilizzare in modo nuovo e molto creativo gli strumenti tecnologici a disposizione, allo scopo di fare propri e rimodellare anche i più antichi classici della letteratura.

    I due ragazzi si sono posti il problema di come riavvicinare i più giovani alla lettura dei grandi classici e hanno trovato nella twitterature, ossia un riadattamento dei libri in formato post, il modo per far comunicare i due mondi.

    Nel loro libro La twitterature di Aciman e Rensin, lungo 146 pagine, Aciman e Rensin presentano 60 grandi opere classiche filtrate attraverso la voce di Twitter.

    Da Machbeth a Frankenstein passando per Robinson Crusoe; da Edipo ad Anna Karenina fino all’Inferno di Dante. A ognuno vengono dedicate due o tre pagine. Né sarebbe necessario di più. Poiché tutto ciò che prima veniva descritto esaustivamente e con una ricchezza di dettagli, ora viene smontato in minuscoli pacchetti da 140 caratteri. L’Odissea di Omero è raccontata in 17 tweet, Don Chisciotte in 19. Per Il rosso e il nero di Stendhal e Il Ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde ne bastano 20…

    Stephan Porombka


    6 – Internet ci rende stupidi?

    É questo il titolo del libro di Nicholas Carr in cui l’autore si interroga su come la Rete sta cambiando il nostro cervello.

    La lettura del libro non ci ha lasciati indifferenti e per qualche giorno ci siamo interrogati, abbiamo fantasticato e discusso sui cambiamenti che stanno avvenendo nel nostro cervello a livello di ipotalamo e sinapsi.

    Pensando che anche a te potrebbe interessare, riportiamo, a scopo di riflessione, il contenuto della quarta di copertina:

    Ogni giorno navighiamo nel Web, passando da un sito all’altro, a caccia di notizie, documenti, video; controlliamo la nostra casella di posta elettronica, inviamo SMS e non dimentichiamo di inseguire emozioni sui social network più alla moda.

    La Rete rende più rapido il lavoro e più stimolante il tempo libero ma, mentre usiamo a piene mani i suoi vantaggi, stiamo forse sacrificando la nostra capacità di pensare in modo approfondito?

    Abituati a scorrere freneticamente dati tratti dalle fonti più disparate, siamo diventati tutti superficiali?

    Che ci piaccia o no, la Rete ci sta riprogrammando a sua immagine e somiglianza, arrivando a plasmare la nostra stessa attività cerebrale.

    Nicholas Carr ci invita a riflettere su come l’uso distratto di innumerevoli frammenti di informazione finisca per farci perdere la capacità di concentrazione e ragionamento…


    7 – Che cosa si intende per digitale?

    … nella sua accezione più semplice, il termine digitale indica un’entità formata da una successione di 1 e 0.

    Un oggetto digitale, a differenza delle cose analogiche che ci circondano o persino dei primissimi calcolatori, è una sequenza binaria.

    Da questo semplice dato di fatto sono scaturite alcune delle forze culturali più innovative della seconda metà del XX secolo e di questi primi anni del XXI.

    La ragione va ricercata in quella che forse è la caratteristica più straordinaria degli oggetti digitali, a prescindere dall’informazione racchiusa nei loro 1 e 0 (parole, musica, immagini, applicazioni, browser web o database contenenti gran parte della conoscenza umana): la loro reciproca compatibilità.

    Per la prima volta nella storia dell’umanità possiamo copiare e distribuire parole, suoni, immagini, e idee quasi ininterrottamente, e possiamo ritrovarli, adattarli e crearli tutti sugli stessi dispositivi.

    Tom Chatfield


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